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Agosto 2003

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GP56
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Agosto 2003

Messaggio da GP56 »

BLACK OUT (Agosto 2003)

I cellulari hanno smesso di funzionare poco dopo le 16 di giovedì 14 agosto.
Stavo facendo una telefonata, quando la linea è caduta, ma non mi sono preoccupato, il circuito di Mosport si trova in una zona poco coperta a 120 km ad est di Toronto.
Riprovo a fare il numero, l’apparecchio da un segnale strano.
Mi dirigo verso le cabine telefoniche pubbliche, ma sono tutte fuori servizio, qualcuno dice che la compagnia telefonica sta facendo dei lavori in zona.
Poco dopo ricevo una telefonata da Naspetti, uno dei nostri piloti, il quale mi informa che sta chiamando da un telefono dell’aeroporto di Toronto, che è stato chiuso subito dopo il suo arrivo a causa del blackout.
Gli chiedo di che cosa sta parlando e lui mi dice che gli Stati Uniti, da New York a Detroit e tutto il Canada sono senza energia elettrica.
Cinquanta milioni di persona senza energia, il black out più grande della storia.
Scopro allora che i cellulari ricevono le chiamate e gli sms, ma non possono trasmettere in alcun modo.
Vado in Direzione autodromo, dove mi confermano il black out ma mi dicono anche che il circuito è dotato di generatori autonomi e che quindi l’attività va avanti senza problemi.
Sto aspettando Peter Way, un giornalista canadese mio amico che deve arrivare da Ottawa, poco dopo infatti mi chiama e mi dice che è bloccato alla Union Station di Toronto, treni e metropolitana non partono e non sa come raggiungere il circuito, il caos in città è enorme.
Rimaniamo d’accordo che ci sentiremo più tardi.
Alle sette devo passare presso una lavanderia a ritirare le tute dei piloti e del personale del team, parto dal circuito non prima di aver fatto il pieno usando la benzina che usiamo nella macchina da corsa, e la cosa si rivela provvidenziale, in quanto le stazioni di servizio non funzionano.
I semafori sono spenti, e ad ogni incrocio un poliziotto armato, con giubbotto antiproiettile, dirige il traffico.
La lavanderia si trova in un grosso centro commerciale, l’enorme parcheggio è deserto, il centro commerciale è stato chiuso dalla polizia ed è presidiato da alcuni poliziotti, si temono saccheggi, senza energia non funzionano gli allarmi.
Accendo la radio, e tutte le stazioni parlano solo del black out, si susseguono appelli della autorità a non usare l’auto, a risparmiare l’acqua, e fornirsi di candele e torce per la notte.

Arriva il buio, lasciamo il circuito per dirigerci verso l’hotel, passiamo accanto a grosse fabbriche completamente al buio, a centri commerciali.
C’è molta polizia in giro, mentre un elicottero sorvola l’autostrada illuminandola con un potente faro.
Il panorama è irreale, incroci bui, poche auto in giro, nessuna luce, ristoranti e locali chiusi, vedo diversi mezzi dei vigili del fuoco, ma quello che colpisce di più è il senso di insicurezza che c’è nell’aria, come se all’improvviso fossimo tutti più indifesi davanti a qualcosa di indefinito.
Arriviamo in hotel, nella hall una radio a pile è sintonizzata su una stazione radio che trasmette notizie sulla situazione.
E’ stata dichiarata l’emergenza nazionale.
Telefonano gli ascoltatori, tutti hanno avuto un parente chiuso in ascensore o che ha finito la benzina ed è arrivato a casa con mezzi di fortuna.
Il conduttore della trasmissione raccomanda a tutti di mantenere la calma e di non uscire di casa, l’unica notizia che ripetono frequentemente è che non si tratta di una atto di terrorismo.
Un mio conoscente americano mi dice che gli stati confinanti si sono rifiutati di fornire energia elettrica agli stati colpiti, e questo sta creando molte polemiche negli USA.
Il personale dell’albergo ci fornisce delle candele e con quelle saliamo alle camere lungo le scale totalmente buie.
Ad un certo punto la più nera notte di sempre dell’Ontario è squarciata da una imprecazione in toscano: un nostro meccanico è inciampato ruzzolando per le scale, facendo spegnere la candela e scottandosi con la cera.
Lo raggiungiamo facendo fatica a respirare dalle risate e lo aiutiamo a rialzarsi.

Alle 22 mi richiama il giornalista canadese, si è rifugiato nella hall del Fairmont Royal Hotel, mi dice che passerà la notte li.
Decido all’improvviso di andare a prenderlo, mi faccio dare l’indirizzo dell’albergo e gli dico di aspettarmi, anche se lui protesta e non vuole, prospettandomi una città in preda al caos.
Mi rendo conto di essere dentro ad un avvenimento di cronaca che rimarrà nella storia, come il black out di New York del 1966, decido di viverlo fino in fondo e parto.
Lo so che andare a prendere una persona che potrebbe stare comodamente in hotel non è un’emergenza, ma lo faccio, disubbidendo anche agli appelli delle autorità canadesi che invitano a non usare l’auto se non in caso di estrema necessità.
Lungo l’autostrada ci sono diverse auto abbandonate, presumo che abbiano finito il carburante, noto un cielo limpido e pieno di stelle, la luna quasi piena, in condizioni normali l’inquinamento luminoso non avrebbe permesso questo.

Arrivo a Toronto rapidamente e imbocco la Yonge Street, una delle strade urbane più lunghe al mondo, supera i 20 km.
Il traffico è lentissimo e aumenta man mano che mi avvicino al centro.
Gli incroci sono gestiti dalla polizia o da volontari forniti di pettorina fluorescente e torcia in mano, ce ne sono di tutti le età.
Verso il centro, uno degli incroci più trafficati è diretto da un arzillo nonnino che saltella e saluta sorridendo tutte le auto che lo salutano lampeggiando.
In alcune quartieri l’energia c’è, funzionano i semafori e tutto sembra normale, ma poche centinaia di metri più avanti si ripiomba nel buio più assoluto, ci sono poliziotti ovunque e molti mezzi dei vigili del fuoco, i marciapiedi sono pieni di gente.
In uno dei quartieri dove c’è l’energia, un distributore di benzina funziona e la fila delle macchine in attesa blocca il traffico nei due sensi, costringendo gli automobilisti a zigzagare fra le auto ferme in attesa.
Raggiungo l’hotel, il più antico e famoso fra gli hotel di lusso di Toronto e carico l’amico, il quale mi racconta che quando è mancata l’energia, era appena sceso dal treno e cercava di salire sulla metropolitana.
Si è bloccato tutto, scale mobile, cancelletti automatici.
Essendo saltata l’aria condizionata, la stazione si è rapidamente trasformata in un forno, la gente cercava caoticamente di uscire ed è dovuta intervenire la polizia a riportare la calma, mentre la stazione veniva chiusa.
Fuori, i tassisti avevano improvvisamente messo una tassa di 20$ su ogni corsa, mentre la gente faceva l’autostop e il traffico aumentava vertiginosamente, sono avvenuti anche alcuni scippi.
Allo stesso modo, i pochi distributori di benzina che ancora funzionavano perché dotati di generatori di emergenza, hanno improvvisamente alzato i prezzi.
Negli Stati Uniti e in Canada, le hall degli Hotel sono considerate locali pubblici, quindi si sono subito riempite di gente.
Al Royal Fairmont (ma penso anche negli altri hotel) il personale si è prodigato per ore a dare assistenza a chi entrava, distribuendo gratis bottiglie di acqua e permettendo a tutti di telefonare ovunque senza far pagare un centesimo.
Il venerdì mattina, molti turisti abbandonano il nostro hotel, erano in vacanza, ma non possono visitare nulla, è ovviamente tutto chiuso.
Penso al danno economico che questo blackout porta, ristoranti chiusi, alberghi che si svuotano.
Ritorno al centro commerciale, ancora presidiato dalla polizia.
E’ invece aperto un grande supermercato, ma c’è una coda enorme di persone che attendono di entrare, un addetto fa entrare poche persone alla volta.
In un bar vicino, distribuiscono gratis tutti i gelati di cui erano forniti, si stanno sciogliendo e buttarli sarebbe un peccato.

Passo dall’hotel e noto una cosa che non avevo visto prima, anche di giorno i corridoi e le scale sono al buio, vengono lasciate aperte le porte delle stanze non occupate per avere un po’ di luce.
Torno in circuito, il programma della giornata è stato sospeso, non per ragioni energetiche, ma perché mancano le ambulanze, precettate dall’emergenza nazionale.
Alle cinque del pomeriggio mi chiamano dall’hotel per comunicare che l’energia è tornata.
Rientriamo a tarda sera, è tutto normale.
Anche l’insegna illuminata di un McDonald’s questa sera da un senso di sicurezza.
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Re: Agosto 2003

Messaggio da hal9000 »

il 2003 non è lo stesso anno in cui anche noi ma alla fine dell'estate sperimentammo qualcosa
del genere ?
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Re: Agosto 2003

Messaggio da galerius »

hal9000 ha scritto:il 2003 non è lo stesso anno in cui anche noi ma alla fine dell'estate sperimentammo qualcosa
del genere ?
Nel 2003 c'era stata quell'ondata di caldo allucinante in tutta la pianura padana, e ricordo che la corrente veniva interrotta per un'ora e mezza o due, durante i pomeriggi...ma erano "black-out" programmati, in quel caso...
Attento, Black Jack, perché adesso ti tingo...sarebbe "ti tengo", ma è per far rima con...GRINGO...!
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Re: Agosto 2003

Messaggio da Insight »

Ad ogni black-out lungo, pare che corrisponda un incremento delle nascite nove mesi dopo il fenomeno.
Come mai? Non ho mai capito bene il perchè.
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Re: Agosto 2003

Messaggio da GP56 »

...bisogna pure trovare il modo di passare il tempo al buio...
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Re: Agosto 2003

Messaggio da Insight »

Un passatempo, ti rendi conto?! E io che invece pensavo che la procreazione fosse l'atto più sublime, intelligente, programmato, finalizzato alla perpetuazione della specie, nobile incarnazione dell'amore secondo natura (l'unico che ha diritto di esistere...).

Invece, per venire al mondo basta che salti la luce per qualche ora :lol:
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Re: Agosto 2003

Messaggio da GP56 »

Pensa a chi procrea semi ubriaco sul sedile posteriore della Fiesta dopo una notte in discoteca...
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Re: Agosto 2003

Messaggio da Insight »

Dunque si nasce e si muore per caso?
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