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Estate 1973

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GP56
Settantiano entusiasta
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Estate 1973

Messaggio da GP56 »

E QUALCOSA RIMANE…..

Sabato 23 Giugno 1973, tardo pomeriggio
Fa caldo, io e Giancarlo siamo seduti sul marciapiedi davanti al cancello di ingresso del campo sportivo, si chiacchiera, si scherza.
Le scuole sono finite da poco, promossi entrambi, si prospetta un’estate favolosa, calcio e motorini, che vogliamo di più?... Vabbè, qualche ragazza, verrà anche quella… forse…
Passa Rudy, il figlio del medico, è più vecchio di noi e amico dei nostri fratelli maggiori, si scherza sugli amorazzi giovanili di Giancarlo con una ragazza molto più vecchia di lui, due risate e se ne va.
Io e Giancarlo ci accordiamo per andare a vedere, il giorno dopo, la gara di motocross che si correrà ad Albettone.
Mi accorgo di avere il motorino in riserva, sono incerto se andare a fare le solite 500 lire di miscela al 5%, sarebbero due litri e mezzo più che sufficienti per i miei bisogni settimanali.
Ma no, fa caldo, ci andrò domani strada facendo.

Domenica 24 Giugno 1973, ore 10,30
Dalla finestra del salotto vedo il solito gruppo di amici parcheggiato sulla salita verso la chiesa, a metà del campo sportivo.
Decido di uscire, sono incerto se andare a piedi.
Poi, per pigrizia, decido di prendere il motorino.
In effetti siamo solo in due ad avere il motorino quel giorno, io e Maurizio (Micio per gli amici), anche Giancarlo (che pure possiede un bell’ Aspes Navajio da cross) è venuto a piedi.
Maurizio invece possiede un motorino dalla marca indefinita, con le marce a mano…
Si chiacchiera, si ride, si scherza, nessuno segue la partita di calcio che si sta svolgendo alle nostre spalle.
Il mio Italjet Mustang Veloce, col mitico serbatoio a goccia grigio metallizzato è il più veloce del paese, raggiunge i 100km/h ma a quella velocità frena quando vuole lui.
Giancarlo fa un giro sul mio motorino, la cosa mi scoccia, ma non dico di no.
Quando arriva, sale Maurizio.
“Posso fare un giro fino in Piazza?” mi chiede.
“Guarda che ho poca benzina” ribatto infastidito, senza quasi guardarlo.
“Vado solo fino in Piazza… com’è la prima?”
“In avanti”
“In giù?”
“Si, in giù”
“Ah….”
E parte.
La cosa mi scoccia, non mi piace prestare le mie cose, ne sono molto geloso, ma non ho mai il coraggio di dire di no, mi sembrerebbe di essere arrogante e scortese.
La piazza è a 400 metri, in due minuti dovrebbe essere di ritorno, e poi ho poca benzina.
Esce la gente dalla Messa, passa Tiziana, cugina di Maurizio, molto carina.
Dopo qualche minuto passa una macchina dei carabinieri.
Passa il tempo, Maurizio non torna.
“Ha sicuramente finito la benzina”, penso fra me e dico a Giancarlo:
“Quello non è andato solo in piazza, adesso ha finito la benzina ed è a piedi”
“Lo vado a recuperare io!” esclama Giancarlo e inforca il motorino di Maurizio, facendo un cenno col capo a Silvestro che subito si accomoda sul sellino assieme a lui.
Passano una ventina di minuti, non tornano neanche loro.
Sono nervoso.
Arrivano sparati, Giancarlo parcheggia il motorino, Silvestro si siede sulla ringhiera.
“E’ andato a farselo sbattere?” gli chiedo io.
Giancarlo mi guarda pallidissimo.
“Micio ha fatto un incidente, ha sbattuto su un muro, io non vengo nel pomeriggio a vedere la gara di motocross”.
E si allontana quasi di corsa.
L’aria è diventata una polvere bianca e io non ho più voglia di respirare.
Mi volto verso Silvestro, il mondo si muove al rallentatore.
“E’ vero” dice lui con la faccia stravolta, ” è successo a Lumignano”.
In quel silenzio immenso il mio cuore impazzisce.
Mi volto e vedo scomparire dietro la curva la sagoma di una ambulanza, in un flash rivedo la macchina dei carabinieri di qualche minuto prima… mi tremano le gambe.
Salto sul motorino di Maurizio, parto a razzo con l’intenzione di accodarmi all’ambulanza, ma la macchina è più veloce e mi perde subito.
“Non è possibile” penso, cercando di diventare più leggero e più veloce.
Non penso a niente altro, solo che non può essere possibile.
Conosco la strada, oggi non finisce mai, la Piazza, il Volto, il dosso sempre pieno di ghiaino da fare con prudenza.
Arrivo all’ingresso di Lumignano, vedo molta gente ferma sulla strada, l’ambulanza parcheggiata che sta caricando una barella.
Parcheggio un po’ lontano e mi avvicino di corsa, giro intorno all’ambulanza appena in tempo per vedere i suoi capelli lunghi appiccicati dal sangue sulla fronte, il braccio sinistro sanguinante, la maglietta a righe strappata, gli occhi chiusi.
L’ambulanza parte.
Vedo allontanarsi a piedi Ruggero, un cugino di Maurizio molto più vecchio di noi che conosco bene.
Lo rincorro e gli chiedo se Maurizio è grave.
“Madonna certo che è grave!” esclama senza fermarsi.
Torno sul luogo dell’incidente, un carabiniere sta ricopiando dal serbatoio la marca del motorino, infilo una mano in tasca e gli porgo il libretto di circolazione.
“Il motorino è mio” gli dico.
Lui mi guarda, prende li libretto e chiede i miei dati.
Poi mi dice che posso riprendere il motorino, portarlo a casa ma non farlo riparare, per lasciarlo a disposizione per eventuali altri accertamenti.
Chiedo ad una famiglia di tenere in custodia il motorino di Maurizio, raddrizzo il mio e lo guardo.
La ruota anteriore è sporca di fango e un po’ storta, così dicasi della forcella, ma non ha altri danni.
Lo metto in moto, ma subito dopo si spegne… è finita la benzina.
Apro la riserva e riparte subito.
Sulla via di casa, non penso a niente, il cervello è vuoto, adesso mi immagino le reazioni dei miei.
Passo davanti al posto dove eravamo prima, non c’è più nessuno.
Arrivo a casa, mia madre è sulle scale e vedendomi arrivare sorride, io mi fermo sul vialetto.
“Maurizio ha fatto un incidente col mio motorino, lo hanno portato all’ospedale, è grave” dico tutto di un fiato.
Mia madre diventa di colpo seria, spalanca gli occhi.
“Giorgio, Giorgio, ma quante volte te l’avevo detto…” esclama entrando in casa con le mani nei capelli.
Entro in garage, lo parcheggio.
Prima ancora che sia sceso, mio fratello appare sulle scale interne.
“Sei un coglione” mi dice, e risale.
Salgo anch’io, mio padre non c’è, sono le 13, vado in bagno, mi rinfresco il viso, faccio fatica a non vomitare.
Arriva mio padre, mia madre lo informa di tutto, lui mi chiede i dettagli, poi pranziamo nel silenzio più totale.
Quasi nessuno tocca cibo.
Mio padre prende la macchina e va a casa di Maurizio, torna poco dopo dicendomi che è molto grave.
Sono sdraiato sul divano, la faccia affondata sul cuscino, da qualche ora ho le pulsazioni impazzite, mi chiedo quanto posso resistere così.
Sto malissimo, ma non dico niente a nessuno.
Vado in bagno, mi guardo allo specchio e mi sforzo di ridere, di ridere,
di ridere, sto impazzendo, mi impongo di stare normale, di non soffrire più.
La notte successiva non dormo, se non in piccoli frammenti dispersi di dormiveglia.
Il mattino, alle 8 viene a casa mia Lorena, la sorella maggiore di Maurizio. Chiede a mia madre dove ho lasciato il suo motorino, le serve.
Io sono ancora a letto, mia madre viene in camera e io glielo spiego.
Le sento chiacchierare, e quando se ne va chiamo mia madre.
“Mi ha detto che è molto grave, è in coma” mormora.
Passano i giorni, con gli amici ci ritroviamo sempre davanti alla scuola o al campo sportivo, nessuno va a trovarlo all’ospedale, ci hanno fatto sapere che è in rianimazione e nessuno può vederlo.
Un giorno arriva la notizia che ha mosso una gamba e urinato, sembra che il corpo reagisca bene, è giovane e robusto.
Siamo felici, ridiamo, e ci immaginiamo il giorno che lo rivedremo spuntare sulla salita in bicicletta, la sua bicicletta marrone con portapacchi… dove tante volte ci eravamo seduti.
Dopo una settimana, devo partire per il mare.
Io non ci vorrei andare, vorrei rimanere a casa, ma non oso chiederlo.
Mio padre va a casa di Maurizio a salutare i genitori.
Non so se è giusto che io parta o meno, ma non mi ribello.
Siamo a Ostia.
Non ci sono i cellulari, e ogni paio di giorni telefoniamo a casa dove è rimasto mio fratello.
E’ domenica 8 luglio, sono le 21, telefono io.
“Ciao, sono Giorgio, come stai?”
“Bene, bene..” mormora mio fratello.
“Maurizio come sta?”
“Maurizio è morto venerdì, hanno fatto il funerale oggi” dice lui.
“Maurizio è morto venerdì, hanno fatto il funerale oggi” ripeto inebetito senza voce.
Il telefono è diventato pesantissimo, mio padre me lo toglie di mano e parla con mio fratello.
Io resto appoggiato al muro, la luce mi inchioda gli occhi.
Esco al buio, cuore e cervello si mescolano, la testa mi scoppia.
Passa un’altra insopportabile settimana di mare, torniamo a casa.
Al pomeriggio Giancarlo viene a prendermi, girovaghiamo senza meta in due sul suo motorino, mi faccio raccontare il funerale.
Mi parla della chiesa gremita di gente, della sorella più piccola tenuta per mano dal padre, che continuava a sollevare lo sguardo per guardare il padre stesso, livido e ammutolito.
La madre stravolta.
Mi dispiace, tanto, non esserci stato.
Stiamo per tornare, ma gli chiedo di portarmi al cimitero.
E’ stato tumulato nella tomba di famiglia, appena entrati a sinistra.
Una lapide di marmo ancora senza scritte, solo un biglietto.
E una montagna di fiori.
La guardiamo in silenzio, l’amico con cui giocavamo a calcio, parlavamo di moto e di ragazze (a lui piaceva la rossa…) è vicino a noi, solo che una improbabile lastra di marmo adesso ci separa.
“E’ stata colpa mia” dico piano.
“No” fa Giancarlo.
“Invece si”
“No, ma non ti ricordi?! Io provavo sempre la tua moto, tu la mia, lui pure… poteva capitare a chiunque di noi, in qualunque momento”
“Ma io avrei dovuto dire no”
“Andiamo” fa Giancarlo, dandomi un colpo sulla spalla.
Passano le settimane, il fango sulla ruota anteriore si è seccato e cade a terra in garage.

A settembre vengo convocato dai Carabinieri.
Il Maresciallo Campione mi fa entrare, sta scrivendo.
Mi fa sedere e mi chiede di raccontare come andarono le cose.
Glielo spiego, prende appunti, poi gli chiedo se avrò conseguenze.
“No, il ragazzo aveva 16 anni, quindi era abilitato a guidare quel tipo di moto. Sarebbe stato diverso se avesse avuto meno di 14 anni, allora saresti stato responsabile, ma non in questo caso”.
Gli chiedo se hanno una idea delle cause dell’incidente e lui mi dice:
“Pensiamo che sia stato un malore, leggi qui”
Mi fa leggere le dichiarazioni di un testimone che abita davanti alla curva e che vide l’incidente.
Questa persona racconta che sentì arrivare il motorino, si voltò e vide il ragazzo chino sul serbatoio, come se cercasse qualcosa in basso o se si fosse accasciato.
Ho un lampo e capisco tutto.
Quel motorino sotto il serbatoio ha due rubinetti per la benzina, uno per la marcia normale (a destra) e uno per la riserva (a sinistra).
Maurizio ha sentito che finiva la benzina, non sapeva quale rubinetto aprire e con un gesto istintivo si è chinato a vedere dove si trovava il rubinetto della riserva.
Solo che ormai era in curva.
Spiego tutto questo al Maresciallo che concorda con me e mi congeda.
Esco con un misto di sentimenti nella testa, e mi rendo conto che la vita è veramente fatta di piccole coincidenze sommate fra loro.
Se io avessi fatto benzina al sabato, se io quella mattina non avessi preso la moto, se io gli avessi detto di no, se io… se io…
Non ho responsabilità penali, ma da quel momento sento una responsabilità “morale” che non mi abbandonerà più.
Tanti se, una sola certezza: ormai nulla poteva cambiare.
La mia adolescenza si è cristallizzata in quel momento, forse non ne sono mai più uscito.
Per noi ragazzi fu tremendo trovarci all’improvviso a contatto con la morte, un nostro coetaneo non c’era più, e al posto suo poteva esserci uno qualunque di noi.
Io, prima in bicicletta, poi in moto, in quel periodo ho fatto di tutto, come prendere in velocità una discesa e frenare all’ultimo momento per vedere se avevo paura di farlo, e i miei amici con me… veramente poteva succedere a qualsiasi di noi, abbiamo avuto solo più fortuna di Maurizio.
Siamo sopravissuti all’adolescenza.
"Tu ed io abbiamo ricordi più lunghi della strada che si allunga di fronte" (Sir Paul McCartney, e chi sennò?)
lisa jean
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Re: Estate 1973

Messaggio da lisa jean »

Che racconto drammatico, anzi decisamente angosciante! ! La perdita di un amico nell'adolescenza è certo un'esperienza che può anche essere devastante. Quando avevo quindici anni, persi un cugino per un incidente automobilistico: fu terribile...
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Insight
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Re: Estate 1973

Messaggio da Insight »

Mi dispiace per questa cosa che ti è successa, GP... e posso capire il tuo stato d'animo. Ma non devi assolutamente fartene una colpa, nemmeno morale. La vita purtroppo è piena di queste storie e se cominci con i "se avessi fatto" o "se non avessi fatto", non ne esci fuori e non ha nessun senso.
Grazie, comunque, per quest'altra testimonianza.
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
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Anni 80? No, grazie
GP56
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Re: Estate 1973

Messaggio da GP56 »

Sono passati molti anni da quei giorni, e ovviamente il tempo mitiga molte cose… ma un fondo di amarezza rimane sempre
"Tu ed io abbiamo ricordi più lunghi della strada che si allunga di fronte" (Sir Paul McCartney, e chi sennò?)
GP56
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Re: Estate 1973

Messaggio da GP56 »

Comunque, di questa vicenda, ho scritto un breve epilogo, pochi anni fa... e adesso lo pubblico
"Tu ed io abbiamo ricordi più lunghi della strada che si allunga di fronte" (Sir Paul McCartney, e chi sennò?)
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