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Pink Floyd

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barbatrucco
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Pink Floyd

Messaggio da barbatrucco »

Semplicemente, non è possibile immaginare gli anni '70 senza i Pink Floyd, perché significherebbe pensare l'epoca senza un elemento essenziale del paesaggio, privarla di uno tra i colori e di una tra le voci più presenti.
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I Pink Floyd sono stati molte cose, hanno conosciuto cambiamenti di formazione e hanno attraversato ere ed evoluzioni musicali, ma restano indissolubilmente legati al passaggio dal rock psichedelico dell'era spaziale, del quale sono stati fra gli iniziatori e indiscussi maestri nei tardi anni '60 che guardano già alla decade seguente, al rock "progressivo" dei '70 di cui ugualmente sono stati una fondamentale ispirazione, e tuttavia distinguendosi per quel suono e quell'approccio così personali e senza tempo.

Dopo i primi passi alla metà degli anni '60 nell'ambiente universitario di Cambridge come una delle tante band che suonava cover di rhythm and blues alle feste studentesche con il nome Architectural Abdabds...
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... prenderanno infine, dopo altre denominazioni, il nome "The Pink Floyd Sound", poi abbreviato in Pink Floyd, solo con l'ingresso del cantate, chitarrista e "songwriter" Syd Barrett, bizzarro e geniale studente d'arte che combina i nomi dei due oscuri bluesman Pink Anderson e Floyd Council, e la fuoriuscita di alcuni membri degli inizi amatoriali: è la prima vera formazione della band che vede, insieme a Barret, Roger Waters (basso e voce) Richard Wright (tastiere e voce) e Nick Mason (batteria e percussioni).
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E' il periodo dei concerti all'Ufo Club di Londra di cui diventano l'attrazione principale con le loro fantasiose esibizioni a base di giochi di luci (il "light show") e lunghe improvvisazioni strumentali che strizzano l'occhio all'oriente, al free jazz e alla musica classica contemporanea oltre che a una parte di pubblico in una certa familiarità con l'LSD e le altre droghe "psichedeliche" che avrebbero, cioè, dovuto favorire un "allargamento della coscienza" attraverso l'ampliamento e l'alterazione delle percezioni sensoriali, inducendo allucinazioni e altri analoghi effetti E' questo un periodo di grande sperimentazione in tutte le arti che li pone di fatto tra le posizioni di primo piano nel movimento sociale e culturale di quella che è passata alla storia come "Swinging London".



Pubblicano quindi una serie di singoli nel 1967, come l'esordio "Arnold Layne" che tratta con ironia il tema del travestitismo ispirandosi a un tizio che rubava la biancheria da donna stesa ad asciugare sotto le camere affittate dalla madre di Waters, e soprattutto, "See Emily Play" che spalancherà loro le porte dell'hit parade britannica.
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Il passo da lì al primo album è breve e nell'agosto di quell'anno esce "The Piper at the Gates of Dawn", registrato ad Abbey Road a fianco dello studio in cui i Beatles stanno lavorando a "Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band", tanto che si ritrovano a familiarizzare con i "Fab Four".
Universalmente considerato come uno dei migliori album di debutto mai realizzati, evidenzia fin dal titolo, preso in prestito da quello di un capitolo del romanzo per l'infanzia "The Wind in the Willows" ("Il vento tra i salici") di Kenneth Graham, l'amore di Barrett per le fiabe e la letteratura "fantasy" che prende anche pieghe spaziali nella cavalcata d'apertura "Astronomy Domine" e nel lungo strumentale "Interstellar Overdrive". Dovendolo definire in poche parole, l'improbabile ma riuscito matrimonio tra melodie di facile presa, a volte al limite del piacevolmente infantile o apertamente tali, come in "The Gnome", e un fragore che sfocia nella dissonanza e nel rumore, disegnando qua e là paesaggi sonori inquietanti.



Purtroppo, l'abuso di acido da parte del leader e una crescente instabilità psichica lo metteranno presto ai margini, dapprima con l'ingresso alla chitarra e alla voce del suo amico di infanzia e adolescenza David Gilmour, fino al definitivo abbandono della band in cui si era cercato di farlo restare almeno come forza creativa, pur non essendo ormai affidabile nei live, in attesa che si riprendesse.
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Da questa durissima fase inizia la storia dei Floyd come band destinata, dopo un già brillante inizio, a diventare una pietra miliare del rock e della musica tutta al pari dei Beatles.
Così, dopo "A Saucerful of Secrets" (1968), in cui è ancora presente un pur limitato apporto di Barrett e che è ancora simile al debutto pur coi primi avvertibili cambiamenti nelle atmosfere e nell'approccio (in particolare il brano omonimo, che dilata ancor più l'uso della forma musicale libera distaccandosi ormai dallo "schema canzone" preferito dall'ex leader)...



...ecco uscire l'anno seguente il primo disco senza Syd, la colonna sonora del film "More" ("Di più ancora di più") di Barbet Schroeder, ambientato a Ibiza e tra i primi non strettamente "underground" a trattare del movimento hippy e della tematica della droga in modo non sensazionalistico, e il doppio live-studio "Ummagumma".
Sono due dischi fondamentali sia nel consolidare la popolarità del gruppo presso il pubblico del nuovo rock più ambizioso e "artistico" sia nel continuare a plasmare i Pink Floyd come saranno nei '70: un misto di rock-blues, folk, elettronica e suoni psichedelici della prima ora di cui sono approfonditi i risvolti più sperimentali e con l'apertura verso altri universi musicali, dall'hard-rock alla classica contemporanea, con forti riferimenti alla "musica concreta", e includendovi anche suggestioni etniche di vario tipo.
Se "More" è più deciso in queste aperture, in parte per esigenze di commento sonoro ma anche per una naturale evoluzione nella scrittura delle canzoni, nonostante la più parte dei solchi suoni quasi come un meraviglioso "esempio da manuale" dei Pink Floyd anni '60 post-Barrett, "Ummagumma" può dirsi la summa dei primi Floyd, col disco live che contiene i cavalli di battaglia meno legati alla "forma canzone" o che lo sono in modo meno consueto (benché gli stessi pezzi più orecchiabili di Syd avessero ben poco di ordinario) e sottoposti in alcuni punti a un successivo trattamento attraverso echi e altri processi sonori, mentre il disco propriamente in studio è dedicato alle composizioni di ciascuno dei singoli componenti, a volte eseguite da soli e altre con i compagni. Qui la fase degli esperimenti (per i quali i quattro devono comunque un pesante tributo allo stesso Barrett che alla scrittura di più canoniche e tuttavia bizzarre canzoni accompagnava una sperimentazione sonora paragonabile alla pittura astratta, come, fra le altre cose, dimostra il confronto tra il secondo dei brani di seguito postati con il finale di "Bike" dal primo album) è portata al suo apice, e l'album può considerarsi tra quelli che hanno gettato i semi del "progressive" oltre ad essere stato un'influenza riconosciuta del cosiddetto "kraut rock" o, a seconda delle definizioni, "kosmiche musik", che porterà la Germania alle ribalte discografiche degli anni '70.





Al prossimo post per una rapida disamina della pink-discografia settantiana con cui ci addentreremo nella discussione :)
Ultima modifica di barbatrucco il gio 3 set 2015, 14:40, modificato 11 volte in totale.
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Re: Pink Floyd

Messaggio da Whiteshark »

..... che attendiamo con ansia..... :vibra:
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Re: Pink Floyd

Messaggio da barbatrucco »

E soddisfiamo le attese parlando finalmente della discografia pinkfloydiana dei seventies 8-)

1970 - Atom Heart Mother

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I Floyd inaugurano il Decennio in grande stile con un album che è giustamente considerato tra i loro più grandi classici, un'icona degli anni '70 fin dalla celebre e singolare copertina. L'idea su cui è centrato nasce da un giro di chitarra di Gilmour che dà a tutti l'impressione di essere perfetto come tema per un film western. I quattro hanno già avuto importanti esperienze nella composizione di musiche da film, e sono giusto reduci da quelle realizzate per Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni con le quali entrano, a buon diritto, nella storia della cinematografia.
Pensano quindi, dopo aver lavorato alla struttura di un pezzo incentrato su quel giro, che sarebbe bello rivestirlo di archi, fiati, cori, dandogli un'impostazione classicheggiante e da musica per il grande schermo, ma per questo gli serve un esperto. Chiamano così Ron Geesin, musicista "colto" con cui Roger Waters aveva poco prima collaborato per la colonna sonora dello strano film documentario The Body, il quale, in parte raccogliendo qualche input da parte di Gilmour per le melodie e con una limitata, causa tour americano, collaborazione degli altri membri, specie di Wright per la direzione dei cori, compone l'arrangiamento orchestrale della suite destinata a coprire l'intero lato a del disco per una durata di quasi 24 minuti. Il titolo definitivo lo trova Waters riprendendo quello di un'articolo di cronaca su una donna incinta cui è stato applicato un pace-maker ad energia nucleare, mentre la copertina, opera dell'ormai fidato Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis, viene scelta tra un paio di altre possibilità, ugualmente ispirate al suggerimento del gruppo su un'immagine il più possibile ordinaria. Nonostante la band esprimerà sempre perplessità sulla resa finale della suite, data la fretta con cui fu realizzata sotto le pressioni della casa discografica, ascoltata a distanza di oltre quarant'anni resta di grande suggestione e piacevolezza e, fin da subito, colpì il pubblico contribuendo a fare ancor oggi di "Atom Heart Mother" uno dei loro dischi più famosi, da molti considerato il "la" alla stagione del rock "sinfonico" e una perla del "progressive". Anche il lato b, con le punte di diamante "If", delicata ballata acustica scritta da Waters e incentrata sul tema, che diventerà caro alla band, della follia, e "Summer 68" scritta da Wright, costruita sulla melodia del canto di protesta del maggio francese "Chacun de vous est concerné" con reminescenze tra il jazz, la classica e i Beach Boys, contribuisce alla creazione di una speciale atmosfera pastorale ma allo stesso tempo proiettata nel futuro, dolce e con appena qualche momento inquieto, avvertibile fin dal magnifico contrasto tra la placida immagine di copertina e l'epica fantascientifica del titolo.



Se ne parla anche qui: http://www.anni70.net/forum/viewtopic.p ... art+mother
Ultima modifica di barbatrucco il mar 6 giu 2017, 14:45, modificato 5 volte in totale.
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Whiteshark
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Re: Pink Floyd

Messaggio da Whiteshark »

"If" è un capolavoro assoluto, una gemma di rara bellezza e rigorosamente nella top10 della mia Pink Floyd list.
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Re: Pink Floyd

Messaggio da barbatrucco »

"If" è davvero una piccola grande canzone, la prova che Roger Waters era ormai consapevole dei propri mezzi compositivi e di autore di testi ("Se fossi un cigno sarei morto, se fossi un treno sarei in ritardo"... Semplice e geniale).



Ma anche "Summer 68" merita sempre un riascolto.

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Re: Pink Floyd

Messaggio da barbatrucco »

1971 - Meddle

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Dopo l'intenso tour di "Atom Heart Mother", che in alcune date vede la presenza di un'orchestra e di un coro per eseguire propriamente la suite omonima, i Pink Floyd tornano negli studi di Abbey Road a corto di idee, esausti dopo il notevole sforzo creativo del "disco della mucca" e la serie di date che li hanno portati fin negli States.
Urge correre ai ripari e, forse memori dell'esperienza del "disco due" di "Ummagumma", dapprima ognuno comincia a lavorare separatamente su qualche vago spunto, ma registrando di seguito a ciascun compagno i propri provini senza sapere che ha fatto l'altro, poi, una volta accumulatosi materiale sufficiente e seguendo l'esempio del precedente lavoro, cominciano a lavorare a una nuova suite destinata anche questa a coprire un'intera facciata del nuovo album. La creatività si sblocca, si sperimentano nuovi suoni tanto per la suite quanto per i pezzi di durata ordinaria che nel frattempo cominciano a venir fuori: per la prima Roger Waters suggerisce a Rick Wright di filtrare il pianoforte attraverso un Leslie, il particolare sistema di amplificazione dell'organo Hammond che, attraverso una ventola a velocità regolabile, genera un caratteristico effetto di tremolo, mentre David Gilmour espande le possibilità della sua chitarra, in cui già è valente, imparando a padroneggiare un effetto eco a nastro della Binson e inventandosi effetti sonori come l'imitazione del verso del gabbiano attraverso un particolare gioco tra chitarra e pedale "wah wah"; l'eco a nastro si rivela poi decisivo per comporre, sempre collettivamente, il brano che andrà ad aprire l'album, grazie all'idea di Waters di accoppiarlo al suo basso. Prende a suonarvi per gioco, e per vedere l'effetto che fa, un ritmo ternario preso in prestito dal tema del popolarissimo serial di fantascienza "Doctor Who".
Il risultato è spettacolare e innovativo: con l'apporto dei compagni, nasce "One of These Days" che diventerà uno tra i pezzi più popolari della band, pubblicato anche su 45 giri in America e in Italia.
Il grido distorto e rallentato "one of these days I'm going to cut you into little pieces" ("uno di questi giorni ti farò a pezzettini") è di Nick Mason, e si dice destinato, più o meno scherzosamente, al dj della BBC Jimmy Young, non è chiaro se per reazione a qualche parere negativo o per una tendenza a balbettare a lungo andare esasperante. Fatto sta che dal vivo, in qualche occasione, il brano sarà accompagnato da un collage nonsense e umoristico di alcuni suoi interventi radiofonici.
La suite, invece, prende il titolo di "Echoes", il cui testo, che nella versione originaria parlava di spazi siderali, viene poi modificato da Waters nel suo esatto contrario, citando "labirinti di caverne corali" opposti all'immagine di un albatro immobile sospeso nell'aria tra "echi di un tempo distante".
I Pink Floyd continuano a viaggiare, ma da tempo non è più un viaggio favolistico o galattico, quanto nella mente e nello sgomento delle sue profondità. L'immagine di copertina, non immediatamente percettibile alla vista, dell'orecchio immerso nell'acqua, è quanto mai descrittiva e appropriata.

Ultima modifica di barbatrucco il ven 28 ago 2015, 2:12, modificato 3 volte in totale.
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Re: Pink Floyd

Messaggio da Supersonic »

Prima di "Meddle" i Pink Floyd mi erano sconosciuti. Mi e' sempre piaciuto molto il brano "Echoes", in particolare nella versione del video "Live at Pompeii" (1972).
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barbatrucco
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Re: Pink Floyd

Messaggio da barbatrucco »

Il film-concerto di Pompei, di cui "Echoes", divisa in due parti, costituisce l'apertura e la conclusione, è qualcosa di eccezionale. Ne farò cenno nel prossimo post sulla discografia floydiana del Decennio em_drinks
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Whiteshark
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Re: Pink Floyd

Messaggio da Whiteshark »

Echoes a Pompei non è "solo" musica, è qualcosa di più....
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Re: Pink Floyd

Messaggio da Supersonic »

Dell'album "Meddle" ricordo anche "Fearless", pubblicato a 45 giri come Lato B di "One of these days" e molto gettonato nei juke-box.
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